di Daniele Minucci

Trentotto anni possono sembrare un’eternità. La nascita di una nuova generazione, eventi storici di grande portata e il flusso del tempo che, inevitabilmente, si accumulano sul volto delle persone. Ma talvolta ci sono artisti che con le loro opere riescono a trascendere questo flusso arrestando il ticchettio dell’orologio. I Television sono tra questi. Il 17 giugno suoneranno il loro capolavoro, Marquee Moon, al Teatro Romano di Fiesole e mai come in quel momento trentotto maledetti anni sembreranno così brevi. Ma, nonostante la modernità della loro opera li renda atemporali, ho bisogno di fare un passo indietro per potermi tuffare nel loro mondo.

1977. Un anno di tragedie per la musica. Muore Maria Callas, l’aereo dei Lynyrd Skynyrd cade portandosi dietro le vite di Ronnie Van Zant, Steve Gaines e Cassie Gaines. Soprattutto, è l’anno della morte del re Elvis Presley. Questi lutti segnano la fine decisiva di un’epoca dalle cui macerie nasce uno dei movimenti culturali più stimolanti di tutto il Novecento: esplode il punk. In Inghilterra l’uscita di Nevermind the Bollocks dei Sex Pistols, insieme all’omonimo dei Clash, e in America Rocket to Russia dei Ramones portano il rock a slittare dai suoi binari, arrivando all’apoteosi della protesta. No Future for You diventa la frase simbolo di un’intera generazione allo sbando, la generazione post-Vietnam che cova dentro le ferite di una guerra assurda. Una generazione che come poche altre ha subito l’alienazione della società e dell’industrializzazione, reagendo come un cane rabbioso. Ma, mentre Johnny Rotten e Co. conquistavano il mondo, c’era un novero di band che attraverso l’underground faceva la propria rivoluzione parallela al punk, accostandosi e allontanandosi al genere di continuo. Questi gruppi prendevano come ispirazione la musica del sottosuolo dei Velvet Underground e le improvvisazioni di Coltrane, anziché il proto punk firmato Stooges e il glam rock dei New York Dolls o dei primi Roxy Music, esprimendo la propria rabbia attraverso un metodo più ragionato e complesso. Nelle fila di questi grandi rivoluzionari della musica, molti dei quali usciti dal leggendario club CBGB’s, c’erano pure i Television.

Per assurdo i nostri ricordano tra i propri il grandissimo Richard Hell, uno dei primi punk della storia (e la lista per la rivendicazione dello scettro di inventore dello stile tutto borchie e catene che caratterizzò l’epoca è lunghissima, partendo da Iggy Pop fino ad arrivare a Johnny Thunders), che dopo aver abbandonato il gruppo, leggenda narra a causa dei suoi limiti musicali che lo portarono a non saper affrontare l’epopea lunga dieci minuti di Marquee Moon, intraprese la carriera da solista dando alla luce nientemeno che Blank Generation – guarda caso nel 1977. Sostituito il bassista, ecco nascere Marquee Moon, l’imponente grido disperato di Tom Verlaine (chitarra e voce del gruppo e sì, grande fan del decadentismo) che cambiò per sempre la storia della musica. Uscito con qualche mese di anticipo rispetto al capolavoro dei Sex Pistols, è il primo disco post-punk in piena epoca punk, oltre ad essere il manifesto definitivo della new wave. In parole povere è l’anello mancante tra passato e futuro, l’opera propria di una generazione, che allo stesso tempo può essere accostato anche a tutte le generazioni successive. È la musica del degrado, quella che urla il suo distacco totale dalpeace, love and trip degli anni Sessanta, denunciando la decadenza spirituale delle persone e della società. Nevrosi e alienazioni moderne che arrivano ai nostri giorni e che saranno trattate pure da altri gruppi simbolo della new wave come i Pere Ubu e i Suicide. Ma la più grande rivoluzione stilistica sta nella chitarra. Parliamo di quella del poeta di origini quasi Reediane, Tom Verlaine, che violenta lo strumento come mai nessuno aveva osato prima, trascinandolo in un nuovo sound fatto di tremolii e feedback. Una chitarra capace di assumere sia “il suono di mille uccelli”, come dichiarò Patti Smith, che quello di coltelli affilati, galleggiando nel limbo di estasi violenta che ha sancito la nascita di una nuova era in cui lo strumento è stato riadottato nella sua estremizzazione del metallo da centinaia di gruppi, a partire dai geni post-punk Gang Of Four fino ad arrivare al post-hardcore dei Big Black, come dimostra la loro Passing Complexion. Così ecco servita la storia della musica attraverso otto tracce che prendono vita in 45 indimenticabili minuti. Una lezione che ha aperto le strade della new wave, influenzando gruppi come Joy Division e The Cure, che ha proiettato la propria musica fin sull’olimpo degli immortali, giungendo a noi attraverso l’insegnamento raccolto dagli Interpol, dai Blonde Redhead e molte altre menti che continuano a regalarci grande musica grazie a questo capolavoro di trentotto anni fa. Trentotto anni che possono sembrare un’eternità come un secondo.

Il 17 giugno, nella splendida cornice del Teatro Romano di Fiesole, molti probabilmente faranno un bellissimo tuffo nel passato, ma sono sicuro che i restanti assisteranno a una visione del futuro. E a uno dei più importanti eventi musicali dell’anno.