In occasione della doppia data in Sala Vanni il 10 e 11 marzo, ho incontrato Saverio e Marco Lanza per parlare dei Pastis e il loro Lungoviaggio, progetto tra spettacolo e laboratorio, tra musica e fotografia, che per la tappa fiorentina coinvolge anche Irene Grandi.

 

D: Come e perché nasce Pastis? L’urgenza di questo progetto che unisce musica e fotografia.

SAVERIO: Se non fossimo stati fratelli, probabilmente ci saremmo accorti da subito di dover lavorare insieme. Invece ce ne siamo accorti 10 anni fa. Perché? Perché i contenuti delle nostre opere erano già gli stessi.

MARCO: Nasce con grande spontaneità, un po’ come un percorso segnato, un’esperienza che io Saverio (alla luce delle cose che individualmente già facevamo) non potevamo ignorare. C’erano troppi elementi comuni che rendevano necessario uno scambio e un tentativo di coagulare cose formalmente molto distanti ma concettualmente molto simili.

 

D: Volete denunciare o testimoniare?

SAVERIO:  Se denuncia c’è viene in seconda battuta. Il primo motivo per cui ci muoviamo è sempre estetico.

MARCO: Testimoniare, raccontare, ricontestualizzare; questo sono le parole chiave vicine alle nostre intenzioni. L’azione di denuncia, forse più negli occhi di chi guarda, è l’effetto collaterale che qualsiasi testimonianza, più o meno, si tira dietro.

 

D:  Riprendete voci e suoni dalla strada e dalla natura, che metodo usate per selezionare il materiale che verrà utilizzato nello spettacolo?

SAVERIO: Lascio decantare il materiale per un po’ nel suo brodo, cioè nella mia testa… poi guardo cosa mi si è impigliato nella rete neuronale e comincio a impastare. Detta così sembra la ricetta del cacciucco!

MARCO: Il nostro lavoro consiste principalmente nell’isolare spezzoni, frammenti, molecole fatte di suono e immagine da usare come mattoni per una costruzione che non risponde ad un progetto, ma che si genere in base ai materiali di cui disponi. Una selezione fatta con grande libertà, con attenzione a non tralasciare cose apparentemente insignificanti, ma capaci di combinarsi con altri elementi in una sorta di reazione chimica.

 

D:  Vi sentite più artisti o etno-antropologi?

SAVERIO: Non sono uno scienziato. Sono un artista. Appassionatissimo di scienza. Le due cose sono molto vicine sotto tanti punti di vista.

MARCO: Direi la prima.

 

D: Perché per le serate in Sala Vanni avete voluto coinvolgere Irene Grandi?

SAVERIO: Irene è venuta a conoscenza di Pastis quando ho prodotto il suo ultimo album. Tant’è che nel disco c’è un brano Pastis. Da questo ad un collaborazione più ampiamente condivisa il passaggio è stato naturale. Vediamo dove andremo a finire, oltre che a Firenze Roma e Milano…

MARCO: Si tratta di un esperimento nato dopo una serie di esperienze fatte assieme, ci siamo coinvolti reciprocamente.

 

D: Prima di ogni concerto viene allestito un laboratorio per rendere gli spettatori partecipi del progetto. In cosa consiste?

SAVERIO: Fotografiamo, filmiamo e registriamo in varie modalità le persone che parteciperanno. Cosa verrà fuori? Di preciso non lo so ma di sicuro un pastis.

MARCO: Raccogliere materiale fotografico e audiovisivo per produrre un nuovo pezzo in cui i partecipanti diventeranno attori, cantanti, “vittime” dei Pastis!

 

di Maria Paternostro