Ripercorriamo la storia di un grande classico seguendo le scarpette rosso rubino di Dorothy.

In occasione del nuovo restauro curato dalla Cineteca di Bologna ritorna in sala Il mago di Oz (1939).

La MGM affascinata dal libro Il meraviglioso mago di Oz di Baum decide di farne un musical cinematografico. La pellicola rimane famosa per la travagliata produzione (basti pensare che ci vogliono ben cinque registi per arrivare alla versione definitiva del film).
Per il ruolo di Dorothy si pensa a Shirley Temple scritturando poi definitamente l’attrice ballerina e cantante Judy Garland. Costretta a nascondere le sue rotondità, tramite l’utilizzo di un busto (nel libro non è specificata l’età della ragazza, ma è plausibile pensare che fosse più quella di una bambina piuttosto che dell’allora sedicenne attrice) e un costume di rigatino (con ben dieci cambi).

Nasce così Dorothy fanciulla che vive in Kansas insieme agli zii e al cane Totò. Per fuggire alla noiosa realtà, Dorothy sogna di poter raggiungere un mondo fatato. In seguito a un ciclone che si abbatte sulla sua casa, la ragazza picchia la testa risvegliandosi in un luogo totalmente diverso: un viaggio onirico fra realtà (girato in seppia) e sogno (reso con colori saturi).

Da questo momento in poi Dorothy segue la Strada di Mattoni Gialli accompagnata dallo Spaventapasseri, l’Uomo di latta e il Leone Pauroso, vive incredibili avventure non prive di insidie, raggiunge la Città di Smeraldo, il Mago di Oz e il viaggio si conclude con il ritorno a casa.

Il mago di Oz rimane un “sempreverde”, non solo per una straordinaria Judy Garland, non solo per gli effetti speciali di Arnold Gillespie tra scimmie volanti e streghe che si sciolgono, ma soprattutto per i valori di solidarietà e amicizia.

È il percorso stesso e la fiducia nelle proprie possibilità a far sì che i personaggi ottengano ciò che desiderano. La forza del film è il trasportare lo spettatore in un altro mondo: Somewhere over the rainbow… and the dreams that you dare to dream really do come true.