Farid dice che la colpa è dei giapponesi.

Che poi sono arrivati loro, quelli con le alghe arrotolate, e si sono presi tutto. Lui rimarca che: “Kebab andava forte dieci anni fa. Fila fuori, tutte le sere”. Poi a un certo punto le alghe hanno avuto la meglio sull’agnello. Dov’eravamo tutti, quel giorno?

E Farid ora lavora certe sere soltanto, e ci sono le bollette da pagare, ci sono le stanchezze, i gonfiori della vita, gli argini, i fornitori, la pazienza. Ci sono quei batuffoli con la pelle scura, ritratti in una fotografia fuori fuoco, appesa dietro al bancone, stanno in Rajasthan e vanno a scuola, abitano con la madre. Lui manda loro i soldi, un mese qualcosa di più, quello dopo un poco di meno, e allora Farid ogni tanto sta sulla porta coi suoi due telefoni in mano, in uno parla indiano, urla –che la moglie si lamenta–: “Come faccio, come faccio io?” E con l’altro risponde in italiano e dice affabile: “Si, grazie, si, due chili vanno bene, grazie, si pago fattura, ok, io pago fattura presto”.

A me quand’ero piccolo il pesce non piaceva. Mia nonna diceva che il pesce fa bene e si deve mangiarlo, allora siccome a me piaceva il riso, ma non il pesce, lei prendeva il pesce e lo metteva dentro al riso, faceva delle biglie bianche e scotte e quasi strozzato io finivo capitolando. A pensarci bene, per quel che mi riguarda, gli Uramaki li mangiavo a sette anni, in tempi non sospetti, solo che non si chiamavano California, Minnesota o che ne so, ma solo “vieni dalla nonna che ti faccio assaggiare una cosina buona”. Non si condivano con la salsa di soia, non si mangiavano con la bacchetta e a quei tempi non si facevano certo le fotografie prima di mangiarli.

Così l’altra settimana Farid era davvero triste, stava seduto da solo a metà pomeriggio, faceva i conti, sono passato a salutarlo e mi ha detto: “Che bel casino eh”.

Tanti conti, con le x sopra, segni rossi, scontrini.

E poi uno schiaffo di sole è entrato di riflesso nel locale e ha illuminato la fotografia dei suoi figli, e a me è venuto da pensare.

Che comunque mia nonna profumava sempre di lacca Malizia, aveva le mani gentili e pure se le biglie di riso facevano schifo, mangiarle insieme a lei e a Gigi Sabani che alla televisione conduceva dei programmi in tv, poi alla fine era un compromesso onesto. Ma non so se nel Rajasthan c’è qualcuno come Gigi Sabani alla tv e se quei batuffoli scuri poi pensano al padre e ai gonfiori dell’esistere. Che poi i sacrifici sono un po’ come il kebab: hanno smesso di andare di moda.

Questi roll fanno sembrare tutto così fottutamente sempre semplice.