Un ciclista urbano, si sa, deve essere pronto a confrontarsi con gli elementi naturali per sopravvivere. A Firenze, però, i ciclisti devono combattere anche contro altri elementi. Che spesso indossano le ciabatte in marzo e il selfie-stick in qualunque stagione. Se pensavate che il peggior nemico del ciclista fiorentino fosse l’automobilista munito di clacson, vi sbagliavate di grosso. Non sei un vero ciclista se non ti sei scontrato con almeno uno di questi quattro elementi naturali durante la giornata.

Aria

C’è chi ha Saturno contro e chi ha il vento contro. Se vai in bici a Firenze, non si sa per quale strana legge della natura, avrai sempre il vento contro. Un tempo questa città non era particolarmente ventosa. Negli ultimi anni è diventata meta di tifoni in grado di sradicare alberi centenari e scoperchiare tetti. Chiaramente, in quelle particolari giornate dell’anno, ti ritrovi sempre sulla pista ciclabile che corre lungo l’Arno, alla mercé degli elementi.

Acqua

Non so voialtri ciclisti fiorentini ma, personalmente, ogni volta che piove, rimpiango di non essermi trasferita a Bologna in gioventù. Chissà che gioia i ciclisti bolognesi con tutti quei portici. Firenze conterà a mal fatica 100 metri di portici e 80 corrono intorno a Piazza della Libertà. Che spreco.

Terra

Con l’elemento terra non intendo soffermarmi sull’annosa questione delle buche. Ma sulle maledettissime strade del centro di Firenze, pavimentate con quelle belle pietre storiche. Che quando arrivi in fondo alla via hai bisogno di un travelgum. Ultimamente mi è capitato di percorrerle più volte al giorno e mi è venuta voglia di abbandonare la bici e tornare al cavallo, per restare sull’eco-friendly.

Turista

Ma l’elemento più pernicioso è senz’altro lui, il turista. Impossibile sperare di fargli capire che il centro di Firenze non è solo un parco giochi, ma c’è gente che ci vive, ci lavora e va di fretta. Di fronte al turista anche il più impavido ciclista può fare solo una cosa: arrendersi di fronte all’imponderabilità di madre natura.

 

di Francesca Puliti