C’è un posticino davvero speciale alle porte del Chianti, uno di quei posti che proprio non ti aspetti e che rompe un po’ tutti gli schemi di chi si avventura sulle colline toscane. Questo ristorantino, arredato con dettagli di design dal sapore vintage e mobili di recupero, gestito da due trentenni ex globetrotter e veri cittadini del mondo, si chiama “L’Oca Bonda”e lo potete incrociare sulla strada principale di Pozzolatico, all’incrocio delle strade che portano alle colline sopra Firenze, tra il Galluzzo e Firenze Sud.

Margherita e Alonso si sono conosciuti al liceo e poi hanno girato insieme per il Nord Europa, che li ha visti crescere professionalmente in ristoranti italiani anche stellati tra la Svizzera, Amsterdam e Bruxelles, e non si sono più lasciati.

A un certo punto hanno deciso di fermarsi e tornare a casa, in Toscana. Ma non per nostalgia, in realtà soltanto per dare forma al loro sogno di creare qualcosa di proprio, che rispecchiasse tutte le influenze culinarie e artistiche dei loro viaggi e che fosse espressione del loro amore; amore di coppia sì, ma anche per la cucina e l’accoglienza in generale.

   

l’affetto e la passione sono infatti le prime cose che si avvertono quando si varca la soglia di questa piccola e curatissima osteria di campagna. Curata fin nei più piccoli dettagli: dai tavoli artigianali in legno recuperati con pittura celeste, ai tulipani freschi rossi su ogni tavolo, ai libri appoggiati con studiata noncuranza all’ingresso, fino alle stampe pubblicitarie originali degli anni ‘30. L’Oca Bonda è sia una bottega di paese, punto di riferimento per acquisti di qualità, che un’osteria dove si può prendere il proprio tempo con calma nella certezza di essere coccolati a 360°.

 

 

La scelta del menù è un punto di forza di questa piccola attività: Alonso in cucina ha deciso di rompere un po’ con la tradizione classica toscana, per portare in Chianti tutti gli influssi appresi negli anni in Nord Europa. Troviamo quindi a menù una cacio e pepe mantecata al baccalà (eseguita egregiamente, meglio che a Roma!), un calamaro ripieno di toscanissima pappa al pomodoro e burrata, ma anche specificità di cucine orientali come il Bok choy saltato, una specie di bietola giapponese coltivata direttamente da un loro amico nipponico a pochi chilometri di distanza.

    

L’ultima curiosità è sul nome: il babbo di Margherita, da piccolissima, la chiamava “la mia oca bionda”. Un giorno lei vide davvero un’oca e indispettita si rivolse a suo padre con le profetiche parole BONDA sì, oca no!”e invece adesso, “Oca Bonda” assolutamente sì.