Bianca come l’essenziale e nuda facciata della Basilica di Santo Spirito. Bianca come la colombina che plana in campo azzurro, simbolo del gonfalone. Bianca come la divisa dei valorosi calcianti del quartiere (“Picchia Bianco!”), di recente più avvezzi degli altri a banchettare con la bramata vitella. Bianco è il colore dell’Oltrarno, ma nero è il suo cuore. Il quartiere si presenta come un immenso open space, costellato di trattorie tipiche e lounge bar dal respiro metropolitano, dove le botteghe dei mastri artigiani si alternano a minimarket asiaticie ristoranti vegan-fusion all’ultimo grido.

La commistione tra sacro e profano, tra tradizione e modernità, se da un lato esalta le orde di yankeese forestieri, dall’altro preoccupa gli abitanti della zona, che stoicamente resistono alla gentrificazione urbana e al fuggi fuggi degli autoctoni dal centro cittadino.

La luce dei riflettori seguita alla menzione di Lonely Planet del quartiere tra i world’s coolest neighbourhoods, non ha tuttavia svelato la vera anima del lembo di terra collocato nellaparte meno nobile dell’Arno. Un’anima nascosta, che inganna. Proprio come la Basilica di Santo Spirito, essenziale fuori ma barocca e opulenta dentro.

Agli albori del XX secolo, con lo sgombero del Ghetto e l’opera di risanamento del centro cittadino, “l’antico centro della città da secolare squallore a vita nova restituito”si apprestava a trasformarsi nel salotto buono della città, con gli eleganti caffè al tempo stesso teatro di dispute letterarie e scazzottate futuriste. A una Firenze avanguardista modaiola e godereccia faceva da contraltare il rione San Frediano, il rione nero.

Le bandiere rosse socialiste, che coloravano Firenze fino alle periferie, si arrestavano alle porte del quartiere. Le sezioni di partito e le strutture cooperative di mutuo soccorso qui lasciavano il campo a bettole osterie e vinai, dove sovente accadeva di imbattersi in personaggi con camicia nera e fazzoletto rosso. A San Frediano bruciava la fiaccola dell’anarchia. Quella primordiale, pre-partitica, legata al sovversivismo.

Su poco meno di settemila abitanti censiti, oltre mille erano ammoniti o sorvegliati dalla polizia. La cronaca nera dei quotidiani locali si alimentava con le storiacce dell’Oltrarno.

 

 

Furti, rapine, risse, omicidi. I commercianti esterni provenienti dal Poggio Imperiale e dalla Via Romana venivano regolarmente svaligiati. I pregiudicati e i malviventi imperversavano nelle vie. Se al giorno d’oggi la volante della polizia è parte integrante dell’arredo urbano di Piazza Santo Spirito, all’epoca i gendarmi erano considerati abusivi e rimbalzati come scrocconi ad una festa esclusiva. Se sfidato, il popolo insorgeva. I giovani del liceo Dante, che attraversarono le vie inneggiando alla guerra e all’interventismo, vennero presi a randellate dagli abitanti del quartiere. Quando la polizia cercava di assicurare alle patrie galere il malvivente di turno, da ogni dove accorrevano furfanti pronti a proteggere il loro compagno di brigata. Vent’anni più tardi, quando fu ucciso Spartaco Lavagnini, il popolo dell’Oltrarno alzò le barricate, piegando Firenze con una violenta rivolta.

Il mistero architettonico dei tetti di Firenze descritto dal compianto La Pira come “un sistema stellare di bellezza, riposo e preghiera”, qui rifuggiva dall’aurea mistica e ultraterrena. “I tetti sono famigliari ai malviventi: vi camminano come voi pel vostro salotto: si vedono sempre scale preparate: ci è sempre gente che sa di dover scappare e altra che le tiene di mano […] Il quartiere di cui parlo è così esteso e propizio ai malviventi, per l’agio che porge loro di balzare in pochi secondi da un punto estremo all’altro, che un contumace può rimanervi incolume eziandio per settimane, e di là spiccare il volo e mettersi in salvo. […] Un agente solo non può arrischiarvisi, perché i tristi sono aiutati da innumerevoli compagni, da manutengoli; e l’agente, è reso in qualche cupa strozzatoia, assalito magari da cinque o sei persone, o a tradimento, è esposto a lasciarvi la vita.” [1]

Agli animali notturni che popolano le vie di Santo Spiritoe ai simpatici viveurimpegnati nel faticoso sport del sollevamento gomito, un semplice consiglio: non bistrattate e non provocate il ben di dio che vi circonda.Rischiate quotidianamente di risvegliare l’anima ribelle e focosa del quartiere, che aspetta sorniona il momento ideale per respingere il nemico.

[1]Firenze sotterranea. Appunti. Ricordi. Descrizioni. Bozzetti, Jarro, 1884