L’ora blu. Risulta singolare come il nome di questa libreria sia strettamente collegato al titolo del libro che Andrea, il proprietario, ha deciso di indicarmi per l’appuntamento di maggio.

“L’ora blu” si trova in viale dei Mille, incastonata in un incrocio che la rende quasi un’isoletta felice in mezzo al viavai dei fiorentini. I locali sono modesti, accoglienti e ben divisi, gli scaffali offrono un’ampia scelta tra titoli classici e nuove uscite, per vedere poi in primo piano le creazioni letterarie nostrane, ben in vista su uno scaffale vicino l’entrata.

Una volta entrato, non ho potuto fare a meno di notare l’entusiasmo con cui Andrea parlava con un altro ragazzo presente nella libreria, entusiasmo che si è subito confermato, quando ho spiegato il progetto e il filo comune della rubrica. Andrea mi ha indicato Simone Lisi con il suo “Un’altra cena”, libro di cui da un po’ di tempo non si può fare a meno di scorgerne il titolo in diversi blog, recensioni e presentazioni. Devo ringraziarlo, Andrea, perché mi ha dato modo di far fede a una promessa, in un tempo più breve di quanto me ne fossi concesso.

“L’ora blu” è quel momento della giornata che sancisce il passaggio dalla notte al giorno e dal giorno alla notte. Perché penso sia collegato con “Un’altra cena”? Perché l’ora blu è un’illusione, è qualcosa inventata da noi per sentirci più sensati con le giornate che iniziano e che finiscono, quando in realtà il tempo non finisce, gira per poi trovarsi in un momento identico a quello già sperimentato ventiquattro ore prima.

Il sottotitolo di “Un’altra cena” è proprio “o di come finiscono le cose”. E qui, in qualche maniera, penso che Simone Lisi si sia preso gioco di noi. Le cose nel suo libro non solo non finiscono, ma nemmeno iniziano. E quel tentativo forsennato di andare avanti a leggere per dare senso alle mille elucubrazioni sciorinate sotto forma di dialogo e con pause minime, svanisce con la realizzazione che quel senso non esiste.

Conoscevo Simone già per i suoi racconti, ma in questo romanzo ha saputo dare voce a quella generazione che cresce con precariato, Netflix e Spotify e, nonostante sia una storia lontana dalle mie solite letture, ha preso le redini del mio tempo e l’ha diretto verso qualcosa di profondo. Mi ha fatto ridere, spesso, e ciò non succede quasi mai quando leggo. “Un’altra cena” è un libro che tiene sospesi perché, come ha voluto sottolineare anche Andrea, è come se dovesse succedere qualcosa da un momento all’altro e, infine, questo qualcosa di catastrofico non avviene. E cos’è che funziona diversamente da questo, se non la vita?