Giugno. Quel mese che sta lì, nel mezzo, un po’ come il giovedì, un po’ come il prezzemolo tra gli incisivi: irritante, stancante, controproducente. Le lezioni sono finite, i sabati molesti in piazza appena iniziati. E gli esami, quell’apostrofo rosa tra le parole vita e insofferenza, si ripresentano. Un calendario pieno di appuntamenti con l’ansia.

Pigro e disorganizzato, lo studente fuori corso si riconosce subito: si iscrive sempre all’ultimo minuto, si ricorda di dover studiare un’ora prima dell’appello. A volte un’ora dopo. A volte mai. Ma è per lo studente fuori sede la vera sofferenza. Si piazza in qualsiasi luogo che vagamente somigli ad una biblioteca, ripete la stessa pagina per pomeriggi interi, non mangia, a volte non respira. Lo vedi passare dall’estrema euforia alla depressione più totale. Manca poco al rientro a casa, devo dare gli esami prima di scendere, non voglio farmi luglio a Firenze. E se non passassi? E se saltassero tutti i programmi? Non potrei più partire a fine giugno. Potrei mentire, potrei dire di aver comunque passato l’esame.

La smania è tangibile. La sensazione di essere quasi alla fine dell’università e all’inizio dell’estate è straziante. Gli esami accumulati si susseguono scandendo monotematicamente il mese di giugno.

Ecco, parte la sessione estiva: lunedì esame scritto, martedì esame orale, ultimo della lista, slitti a mercoledì. Giovedì risultati dello scritto, venerdì orale dello scritto, due chiacchiere per alzare il voto, da 18 a 19. Preparazione per la settimana a venire: sabato ripasso di gruppo, domenica solitario studio alle Oblate. E poi di nuovo lunedì. Così, fino a fine mese. Un’assurda routine, una corsa contro il tempo.

“Tempo, comunque vadano le cose lui passa e se ne frega se qualcuno è in ritardo puoi chiamarlo bastardo ma intanto è già andato e fino adesso niente lo ha mai fermato.”

Lorenzo negli anni ‘90 aveva previsto tutto. Studenti in ritardo, studenti arrabbiati, studenti angosciati. Studenti scombinati a giugno. E tu non pensi che alla partenza.

Forse esiste una soluzione temporanea per combattere la frenesia di giugno: sognare ad occhi aperti. Di prendere un treno e partire, vedersi tra i colori del mare, il sole, la spiaggia, le limonate, i gin tonic. Fermare per un attimo il tempo. Oppure procedere con calma, concentrarsi, dare gli esami, poi partire. Ma sono sicura che anche quest’anno ritarderemo, rimanderemo tutto a settembre, ci accontenteremo degli afosi pomeriggi sulla spiaggetta del Lungarno di Firenze.