blackcandy

Undici domande, dal portiere al centravanti di sfondamento come ai tempi della vecchia numerazione, a Leonardo Giacomelli di BLACK CANDY RECORDS.

Il nome.
Black Candy Records, l’etichetta italiana dal cuore scozzese.

Anno di fondazione.
2003

La vostra storia.
Siamo nati con idee non troppo chiare, in realtà non è che queste si siano schiarite. Comunque volevamo produrre bella musica, promuoverla e farla ascoltare in giro per l’Europa, volevamo portare questa musica in città e organizzare concerti che non avevamo mai visto dalle nostre parti. Questo volevamo fare e questo facciamo, tutto sommato siamo soddisfatti.

Persone coinvolte.
Siamo in tre, siamo due onesti operai della musica, il sottoscritto e Lorenzo, e un terzo, Giuseppe, che è andato a cercare fortuna negli Stati Uniti per far ricerche mediche. Poi ci sono collaboratori più o meno stabili come Francesco e Tommaso, che sopportiamo anche nell’esperienza di Reality Bites (associazione culturale impegnata nell’organizzare concerti ed eventi nel territorio, NDR), e tutte le band che sono parte integrante della struttura.

A chi o a cosa vi ispirate.
Sicuramente a tutte quelle etichette che sono riuscite a radicare il proprio lavoro anche sul territorio di origine, la Factory di Manchester (in ufficio ho un poster di Tony Wilson seduto di fronte al The Haçienda), la Sub Pop di Seattle e la Chemikal Underground di Glasgow. L’idea di lavorare con band che siano raggiungibili in massimo un’ora di macchina può sembrare anacronistica, e forse lo è (e non c’entra nulla il campanilismo), ma trascorsi tanti anni di sacrifici ed energie, è arrivata l’esigenza di lavorare solo con quelle persone con cui ne hai davvero voglia. Avere la possibilità di vedere queste persone molto spesso, indubbiamente aiuta moltissimo. Così facendo, inoltre, possiamo continuare a fare l’altra cosa che ci piace tanto, ovvero portare concerti a Firenze.

L’uscita a cui siete più affezionati.
La risposta è scontata, tutte. Alcune sono state fortemente volute, dopo lunghi corteggiamenti e vari ammiccamenti come nel caso dei Bad Love Experience e degli Appaloosa, due band che fanno sentire l’Italia un paese meno povero. E poi tutte le uscite dei Velvet Score e dei The Hacienda perché sono con noi da sempre, sono parte integrante di Black Candy, perché sempre con noi sono cresciuti umanamente e come artisti e, fondamentalmente, perché senza di loro non riuscirei a vedere Black Candy.

I tre dischi da portare sull’isola deserta.
The Beatles “Sgt Pepper’s”, Pearl Jam “Ten” e Postal Service “Give Up”.
Nella custodia ci nascondo “Young Team” dei Mogwai, così sforo di uno.

Il sogno. Puoi scegliere chi vuoi da mettere sotto contratto. Risposta secca.
Un super gruppo fatto con componenti di Band of Horses, Fleet Foxes e My Morning Jacket. Vorrei un progetto con barbe folte e lunghissime. Altrimenti The Shins.

Cosa bolle in pentola.
Stiamo pianificando il modo serio l’esportazione all’estero del catalogo, entro un mesetto sarà tutto pronto.

A proposito. Piatto preferito.
Lampredotto, risposta banale, ma non resisto.

Black Candy fra cinque anni.
Io e Lorenzo che arriviamo al tender:club su una Ford Thunder molleggiata, tipo papponi americani, per il concerto dei Death Cab For Cutie che presentano il loro primo disco su Black Candy, proprio il giorno dopo la vittoria al Festival di Sanremo degli Appaloosa, edizione presentata da Fritz Orlowski. Casualmente il giorno prima i Bad Love Experience avevano firmato per realizzare la colonna sonora del nuovo film di Tarantino. La settimana dopo invece i Velvet Score e i The Hacienda suoneranno rispettivamente al Madison Square Garden e al Wembley Stadium. Sold out ovviamente.