Il Brasil Seleção de Cinema, da poco terminato,  ha proposto con Tim Maia un altro film biografico su un personaggio eccentrico e di grande successo in Brasile.

Uscito nel 2014 e diretto da Mauro Lima fa incetta di premi dalla scenografia, al suono, alla musica fino ad arrivare al miglior attore: Babu Santana. La storia parte dalle umili origini di Tim Maia fino al grande successo come interprete, non tralasciando l’avventura americana che lo ha visto lasciare il Brasile senza un soldo in tasca e senza parlare una parola di inglese.

Occorre fare una premessa: quando in Brasile si parla di Tim Maia si generano polemiche. E perché? Ebbene, Tim Maia cantante e compositore brasiliano, riuscito a miscelare soul americano con musica brasiliana, rimasto famoso per la sua straordinaria voce roca è di fatto conosciuto e, spesso etichettato, come “pazzo”. Ora, in effetti, a vedere il film emerge sicuramente una personalità estremamente forte, presa da attacchi di ira (sottolineato dai rallenty) per non parlare poi delle sue dipendenze da droga e alcool. Tim Maia quindi, è una di quelle figure artistiche che crea discussioni e polemiche: immaginiamo le reazioni che abbia potuto suscitare realizzarci un film. Fra le critiche maggiori mosse alla pellicola, troviamo la narrazione omodiegetica e la lunghezza del film.

Tim Maia è di fatto un film di oltre due ore e la sceneggiatura non aiuta. Sarà perché la stessa vita di Tim Maia è stata a contatto con numerose personalità, sarà che molti artisti che hanno conosciuto il cantante sono intervenute nella stesura, sarà per le troppe “campane” che ne determinano una sceneggiatura non lineare che ne fanno così una storia non incisiva ed efficace. A differenza della prima parte del film, la seconda si configura come pesante, scontata e banale, e vede la vita del classico artista-genio-ribelle sprofondare nelle dipendenze.

La pellicola, figlia del cinema contemporaneo-digitale, soffre della sua stessa appartenenza. Ecco quindi che compaiono look visivi vecchio stile come il bianco e il nero, il seppia, i colori ipersaturi, per non parlare poi delle citazioni di film americani degli anni ’50 nei quali gli spostamenti dei personaggi sono affidati a traiettorie rosse indicate su cartine geografiche. Insomma nulla di nuovo, tutto già visto e rivisto.

Cosa salvare del film? Sicuramente l’attore protagonista Babu Santana assolutamente straordinario: non solo è dovuto ingrassare per questo ruolo di ben 15 Kg e far comparire suo figlio a interpretare il giovane Tim, ma ha anche dato al cantate brasiliano una connotazione distanziata dal classico cliché che lo vuole come un bizzarro personaggio. Santana si concentra quindi nel mostrare le debolezze sia fisiche, dovute all’obesità, sia mentali di Maia.

Straordinarie le musiche, un vero e proprio mix fra America e Brasile sottolineate dalla voce rauca e ammaliante di Tim Maia.

In conclusione, un film fatto di note e di emozioni: non da vedere, ma da sentire!