“Asphalte” è il titolo originale della pellicola del regista Samuel Benchetrit. È il settimo lungometraggio per il cineasta francese che, per questa volta, abbandona il tema della malavita, ma mantiene l’idea di un unico ambiente come vero protagonista della scena (come nel precedente J’ai toujours rêvé d’être un gangster e il più recente Chez Gino). Nel film, uscito recentemente nelle sale italiane, il grande condominio grigio che ospita i cosiddetti cuori infranti, domina la scena ed è il motore propulsore delle tre storie che si dipanano al suo interno.

Il signor Sterkovitz, condomino del primo piano, si rifiuta di partecipare alle spese per il nuovo ascensore. Proprio lo stesso giorno decide di acquistare una cyclette e a causa del troppo pedalare, finisce in sedia a rotelle. Non avendo versato la sua quota per l’ascensore, ora si vede costretto ad usarlo solo di notte, quando nessuno lo vede. Sarà proprio questa bizzarra situazione a fargli conoscere l’infermiera notturna dell’ospedale (Valeria Bruni Tedeschi).

Jeanne Meyer (Isabelle Huppert), un’ex attrice, è appena arrivata nel condominio, si chiude fuori di casa ed è costretta a chiedere aiuto al suo vicino di casa, Charly, un adolescente molto sarcastico.

John McKenzie (Michael Pitt), un’astronauta americano della NASA abbandona la missione nello spazio e la sua navicella atterra proprio sul tetto del condominio. La prima porta a cui bussa è quella di Madame Amida, una signora araba che nonostante non riesca a capire la sua lingua, lo accoglie in casa come un figlio.

Il regista tratteggia figure umane a volte stereotipate come l’ex attrice alcolizzata, a volte inaspettate come Madame Amida, una anziana signora il cui piatto forte è il cous cous ma è anche una fan sfegatata della serie tv americana “Beautiful”.

Tre appartamenti e tre storie che si alternano. Tre storie di solitudine e di incontri che rompono il tran tran quotidiano. Ogni personaggio è alla ricerca di qualcosa: dell’amore, di una conferma, di casa. L’ironia e l’assurdità di alcune situazioni nascondono la drammaticità della trama che risulta in questo modo molto alleggerita. Jeanne annega nell’alcol la sua depressione per una carriera finita, il signor Sterkovitz è un uomo solo che si nasconde dietro ad una macchina fotografica per conquistare una donna per lui irraggiungibile, John McKenzie è un’astronauta che guarda la terra dallo spazio con occhi tristi. Attraverso questi incontri improbabili ognuno di loro inizia a vedere la propria vita da un’altra prospettiva. Accettano la loro realtà, smettendo di nascondersi dietro ad un falso “Io”.

Nemmeno alla fine però, quando i cuori infranti dei protagonisti sembrano essersi finalmente ricuciti, cambia il colore grigio dell’asfalto e del cielo che domina lo schermo dall’inizio del film. Forse perché tristezza e incertezza ci sono sempre e la realtà è mutata soltanto nella mente dei personaggi.