E ti leccherà le labbra sporche di fragola e di panna ma, soprattutto, sporche di te.

Charlotte – L’officina della camomilla

 

PavlovaFragola_lowC’era una volta… «Una 30enne sfigata!» diranno subito le mie lettrici millennial. «No, ragazze, avete sbagliato. C’era una volta una ballerina di danza classica, tale Anna Pavlova, che ad inizio del secolo scorso, saltellando di palco in palco dall’Australia alla Nuova Zelanda, di Morte in Morte di Cigno (costume nel quale davvero morì), conquistò il cuore di uno chef che nell’atto di brinare il suo amore per lei, le dedicò una creazione più vicina a una nuvola di tulle che a una torta. Ma se il voler conquistare una ballerina di danza classica con una torta si rivelò forse un’idea bislacca, mai lo è il trasporre in opera d’arte il proprio amore.

La Pavlova altro non è che un disco di meringa ricoperto di panna montata e frutta fresca: decadenza vibrante di lussuria e i nuovi amori, si spera ricambiati, sanno sempre di panna montata, per pratiche che già so e che non voglio certo sapere da voi, ma soprattutto per pura similitudine estetica. Leggerezza, evanescenza e a volte inconsistenza e pallore, «tre secondi in bocca, tre anni sul culo» dicunt.

Come vi avrà detto la nonna, chi si somiglia si piglia, motivo di questo amplesso di panna e meringa che si uniscono solo per facies, entrambi così eleganti, volubili e sfuggenti al palato.

A dare un tocco cromatico cruento che macchi le loro consistenze eteree e le caratterizzi con lo struggimento, che spero ispirò questo dolce, qui la versione alle fragole, frutto che si narra sia nato dalle lacrime di sangue di Venere che piangeva la morte di Adone per mano di Marte. Ah, L’amour et la violence, Sébastien Tellier direbbe. La meringa, che detta i tempi del rapporto, è una preparazione di pasticceria di quelle che al solo nominarla provoca sfavillante sgranamento di pupille. E ti sale il nervoso quando scopri che la prima meringa è ovviamente nata per errore, per mano ancor più ovvia di un italiano in Svizzera, la terra che in cinquecento anni di pace e democrazia ha prodotto (solo?) gli orologi a cucù, come ci ricorda Orson Wells in Il Terzo Uomo (1949).

Una preparazione che richiede forni e sospiri dischiusi in notturna, temperature basse e tempi lunghi, un pizzico di acidità, testardaggine e Great Expectations (e non posso non pensare al film omonimo del 1998 di Alfonso Cuarón, ispirato al romanzo di Charles Dickens, altro scenario di uomini che raggiungono la fama in virtù di donne che non glie la danno), dove il vostro mantra sarà “lotterò e lo otterrò”, sempre con fruste alla mano.

La meringa, fateci caso, se la prende solo la panna, così docile ed eclettica: uno dei matrimoni più riusciti e duraturi della pasticceria europea, di cui mi piace ricordare l’abbinamento noto nella forma più estemporanea con il nome di “eton mess”, storpiamento di eat-on-mess, che tradotto ci dà la vera immagine di una passione strabordante: un divorarsi caotico.

La base necessaria per la preparazione della Pavlova è quella che in gergo tecnico è definita meringa francese (non chiedetemi perché, se è nata in Svizzera) ed è la variante che non prevede cotture preliminari degli ingredienti: agli albumi montati a neve va aggiunto lo zucchero continuando a sbattere e la stabilità è garantita da un tocco di acidità dato da poche gocce di aceto, di limone o da un pizzico di cremor tartaro. La cottura, o forse più l’asciugatura, prevede temperature di 100°C per circa due ore a cui è consigliato far seguire un riposo a forno spento. Quindi Anna, così come valse per Beatrice con Dante, pensa che se mai ti fosse balenato per la testa di dargliela, noi non saremmo state qui a decantare questa candida poesia di zucchero perché mai ti avrebbe dedicato questo dolce. Meditate girls.

Per la meringa: albumi 180 g  (6 uova medie), zucchero extrafine 250 g, maizena 15 g, 1 cuc.no succo limone/aceto di mele/ o ½ cuc.no cremor di tartaro – 100°C per 2 ore + riposo in forno spento

per la copertura: panna montata 500 ml, fragole fresche 500 g, zucchero q.b.

 

 

Illustrazioni e testo di Marta Staulo