È finito anche febbraio. Breve, intenso. Il carnevale, le feste, gli esami. Finisce sempre così. Con gli esami. E marzo mi è sempre sembrato l’opposto: interminabile, fiacco. Il freddo, la pioggia, gli esami.

A marzo in biblioteca non trovi nessun under 20. Ti aggiri tra laureandi disperati, dottorandi in piena crisi esistenziale e fuori corso over 30 chini da decenni sul solito libro. A volte in preda alla nostalgia faccio una passeggiatina tra i corridoi delle aule.

È ricominciato il secondo semestre. I ragazzi del primo anno sono già dimezzati rispetto a settembre. I reduci sono gli intrepidi, quelli che ancora ci credono, quelli che non si pentono, che statistica lo lascio per ultimo, attribuzione lo lascio per ultimo, penale lo lascio per ultimo. Praticamente sono già fuori corso. Un giorno saranno come me, fantasmi vaganti per i corridoi a sperare di prendere 18 al prossimo esame, è la quinta volta che ci provo, tutta colpa dell’assistente, le domande sono difficili, mi è rimasto solo questo e poi la tesi, eppure sto studiando dall’estate. Pure il portinaio è riuscito ad andare in pensione e mi manda i saluti dalle Seychelles.

Lo status di studente fuori corso porta a convincersi di essere parzialmente immune agli studi matti e disperatissimi, tanto ormai, anno più anno meno. Ce la prendiamo con calma, passiamo marzo a progettare nei minimi particolari scherzi alcolici per le lauree dei nostri amici. Momenti di panico quando la nonna del festeggiato si avvicina per la fatidica domanda: “e tu quando ti laurei?”. Preferivo quella sul fidanzatino.

Questo marzo vedrà alcuni di noi impegnati nell’organizzazione del viaggio meno atteso dell’anno: quello del rientro a casa per la Pasqua. Il dubbio amletico che da generazioni affligge lo studente fuori sede: “scendere o non scendere? E se scendo, quando scendo?”.

È la vacanza non vacanza, ci sono i corsi ma mamma ti chiama tutto il giorno per ricordarti che ha già preparato, tuo cugino scende, a nonna farebbe piacere, ci sono tutti tranne te. E fissi il vuoto durante la lezione pensando se ne valga la pena affrontare notti di curve in bus, ore e ore in attesa del tuo aereo (decolla tutto tranne il tuo, fisso) o giorni di traghetto che fa surf sulle onde alte 9 metri.

Chi passerà le vacanze pasquali a Firenze si consolerà con le “gite” al Piazzale, con le serate film al cinema o a casa (ci sono da recuperare i vincitori degli Oscar), con le infinite video-chiamate a intermittenza su Skype di genitori e zii, con i giorni di trepidante attesa nel ricevere il pacco da giù, tuo o del tuo amico. Perché l’abbondanza di quel pacco, motivo di nostalgia e di orgoglio, può solo essere condivisa con quelle persone che sono la tua seconda casa. Il detto Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi ho sempre immaginato potesse significare questo.