L’attività fisica mi piace, la gente è più felice quando fa sport. A Firenze però, non è semplice allenarsi spendendo poco: qua la felicità non è low cost.

«Vieni con me al CIPPI!» mi dice Zajde, la mia coinquilina, mentre mi taglia una fetta di sacher. Anche le torte rendono felici le persone, forse più dello sport.

«Ok» le rispondo, «ma vengo per allenarmi, se vi mettete a parlare di politica me ne vado, lo sai che…».

«Ma smettila!» mi interrompe Zajde, «Il Robe fa boxe».

“Il Robe” – per Zajde il suo nome va rigorosamente scritto e pronunciato con l’articolo – è l’allenatore della Palestra Popolare del CPA. Quattro volte alla settimana, prima di tornare a casa, Il Robe viene ad allenare le persone come me in Palestra. Nessuno lo paga per farlo: Il Robe è un volontario sostenitore della felicità low cost.

«Benvenuta Selene!» mi dice mentre mi accompagna dentro.

Aspettiamo gli ultimi ritardatari e iniziamo l’allenamento: il mio ego viene subito calpestato da un signore di circa sessant’anni che finisce tutti gli esercizi come se nulla fosse mentre io annaspo per terra pronta ad esalare l’ultimo respiro. Qua lo sport è per tutti, per i ventenni scarsi come me e per i ventenni travestiti da sessantenni, per la gente comune, per chi cerca un momento per evadere dalla routine quotidianità, per chi viene per socializzare o per chi vuole soltanto sfogarsi un po’. Lo sport ci mette sullo stesso livello a prescindere da quanto siamo diversi. Questa consapevolezza mi crea uno strano senso di benessere dentro la pancia, sento di aver allontanato tutti i nervosismi accumulati durante la giornata, mi rilasso e poi capisco che questa strana sensazione è soltanto quello che si prova dopo 3 serie di plank, quando stai per morire. A fine allenamento, chi vuole rimane in Palestra per mettere a posto gli attrezzi. «Ci si da una mano!» mi dice Il Robe.

Io e Zajde usciamo ancora sudate, è ottobre ma non fa freddo.

«Torniamo a casa a piedi, no?» le chiedo, «doppio allenamento!».

«Ok» risponde lei perplessa.

Iniziamo ad incamminarci verso casa, una frescura autunnale ci accarezza le guance, il luccichio dei lampioni rimbalza sull’Arno, si sente solo lo scorrere del fiume.

Firenze è bellissima.

«All’inizio non volevo venire».

«Cosa?», mi chiede Zajde distratta.

«Pensavo c’entrasse per forza la politica».