L’illusione che si ha una volta entrati nella libreria Mucho Mojo è quella di sostare nella stanza di un collezionista: tanti titoli spesso disponibili in diverse edizioni si distribuiscono per tutto lo spazio del locale, incastonati in scaffali ricavati da vecchie scatole per vini.

Quando ho chiesto a Mauro di consigliarmi un titolo per lui importante, il suo impulso è stato immediato, diretto con sicurezza verso John Fante, “Chiedi alla polvere”.

Avevo già letto di lui “Dago red”, una serie di racconti sul suo essere parte della seconda generazione di figli di italiani emigrati in America, quella generazione che aveva cominciato a scrivere in inglese e non più in italiano come la prima, abbandonando la lingua che in qualche maniera li segnava negativamente ma che risultava, volente o nolente, un marchio destinato a permanere.

“Chiedi alla polvere” è il terzo libro di una saga dedicata ad Arturo Bandini, uno scrittore sconclusionato alle prese con la sua smania di diventare un intellettuale affermato e la realtà che gli impone il suo scenario debilitante e banalmente tortuoso. In questo romanzo, la vicenda amorosa di Arturo con una donna messicana, con nello sfondo il suo iniziale successo e la sua esagerata presunzione nel sentirsi uno scrittore già grande, fa da nucleo dal quale si sviluppano tutta una serie di disgrazie e ironie, azioni dissacranti, stravolgimenti di temi che rendono questo libro uno dei punti di partenza per la comprensione dell’età contemporanea.

La storia d’amore che Arturo vive con Camilla mi ha ricordato degli infiniti tormenti amorosi di Julien Sorel e Madame de Renal, ma mentre quest’ultimi vivono una parabola che li porterà ad un continuo scambio di amore e odio fino all’atto estremo, gli altri due vivono in un vortice di bipolarismo insensato, fatto di sadismo e di vuoto. Un simile assetto si può trovare anche nella narrativa di Bukowski che, infatti, reputa lo stesso Fante sua fonte di ispirazione.

“Dago red” mi aveva emozionato per la compenetrazione dell’italiano nell’americano, per gli echi che la cultura italiana ha impiantato nel tessuto sociale americano, “Chiedi alla polvere” mi ha invece mostrato quanto noi tutti siamo americanizzati, e di questo si può soltanto ridere.

ph: @oggisonolibro