J.P. Bimeni sarà all’Auditorium Flog il prossimo 12 ottobre in occasione della 44esima edizione di Musica Dei Popoli. Una storia bellissima la sua, accompagnata da un disco altrettanto bello, che vale la pena raccontare.

Nel 2018, in Inghilterra, si parlava di questo cantante soul che ricordava il primissimo Otis Redding. Intendiamoci, non una scopiazzatura in bella copia, ma voce e suoni che ricordavano Redding con alcune influenze afro. Il nome di questo artista è J.P. Bimeni e la sua è una storia bellissima, un po’ come quelle di Sharon Jones e Charles Bradley, anche se poi, su di loro, la sfortuna ha nuovamente bussato.

Bimeni è discendente di una famiglia reale burundese – sì, ed è subito Eddy Murphy ne “Il principe cerca moglie”. Ma qui si ride meno, molto meno. Bimeni, quindicenne, lascia il suo Paese durante la guerra civile riuscendo a scappare a tre attentati. Ottiene lo stato di rifugiato e fugge nel Regno Unito.

«In Galles per la prima volta comprai della musica – raccolte di Ray Charles, Otis Redding, Bob Marley e Marvin Gaye» racconta. Non avevamo dubbi, J.P., sapevamo che ci saresti cascato. D’altronde, fossimo stati negli anni ’60, saresti uscito su Motown. Nel 2001 si trasferisce a Londra, dove ha l’opportunità di confrontarsi con la scena locale. È lì che ha la possibilità di entrare in contatto con Roots Manova – con la cui band farà alcune jam session – e di incontrare una giovanissima Adele.

La svolta avviene nel 2013, quando fu invitato ad unirsi ad una tribute band di Otis Redding (ehi, fermi, quindi anche le tribute band hanno un senso?). Quattro anni dopo, ospite degli ottimi Speedometer, in Spagna, viene notato da Tucxtone Records, etichetta spagnola specializzata in black music. Nello stesso anno, Bimeni, si ritrova quindi accompagnato dai The Black Belts, una band cucitagli addosso sulla falsariga dei The Dap Kings per le produzioni Daptone.

Lo scorso anno usciva il debutto, “Free Me”, lavoro chiaramente sofferto e influenzato tanto dal soul in stile Otis Redding, quanto dall’eleganza di Marvin Gaye, tanto dalle sonorità anni ‘60 della Motown quanto dai groove di casa Stax. Nel disco si parla di amore e perdita, paura e speranza, quella che ha consentito a Bimeni di far tesoro di esperienze terribili. «Quando mi trovavo nel mio letto di morte, dopo che mi spararono, chiamarono un prete per darmi l’estrema unzione, ricorda. Ho guardato il prete e ho detto“Non sento che morirò. Sento che vivrò a lungo, conoscerò il mondo e proverò a me stesso che il mondo non è soltanto odio o omicidi”».  J.P. ce l’ha fatta, è sopravvissuto e ci sta raccontando tutto, col cuore in mano e con un’estensione vocale tipica dei più grandi di tutti i tempi.

CURIOSITÀ:

Il disco di J.P. Bimeni si intitola “Free Me” ed è uscito nel Regno Unito nel 2018. L’album è stato distribuito nel nostro paese solo recentemente, dopo l’attenzione ottenuta all’estero. J.P. Bimeni è stato fra gli ospiti del Jova Beach Party in occasione della data dello scorso 20 luglio a Barletta.

J.P. BIMENI & The BLACK BELTS in concerto

Musica dei Popoli 2019 – 40 anni – XLIV edizione
Sabato 12 ottobre 2019
Auditorium FLOG, via Mercati 24 B, Firenze
Apertura porte h.21.30