di Daniele Pasquini

Ho visto il Paradiso alla fine dell’estate 2015, nelle campagne rignanesi. Un manipolo di avventurieri aveva animato la pastorale frazione di Cellai con un festival musicale chiamato – per l’appunto – Cellive.

La band indie in cui cantava il Paradiso si chiamava TheGiornalisti, e io – per l’appunto – giornalista ero. Ero lì dal pomeriggio per intervistare il frontman, ma la band si era chiusa in una sala del circolo Arci per vedere Roma-Juventus. Finita la partita mi appostai con un paio di amici fotografi già indispettiti per l’attesa.

La band ci sfilò accanto e il Paradiso disse: “più tardi ragazzi, abbiamo la cena”. Pensammo di poter condividere un pasto con loro, ma gli dèi, si sa, abitano l’Olimpo: erano attesi in un ristorante, poi riposino in albergo. I miei colleghi se ne andarono indignati, io rimasi a rifugiarmi nel luppolo. Salsicce e risate, rotoballe e bancali, i vecchi del circolino a giocare a carte.

Il contesto bucolico mi cullò e mi fece scordare l’intervista.

Al crepuscolo il Paradiso si manifestò illuminando un gazebo: era sudato e con una maglia slargata, gli occhiali da sole e i CD in vendita sul banchino. Tre album all’attivo, una manciata di pezzi struggenti, vagonate di nostalgia, qualche graffio ben assestato e tastiere rassicuranti. La nuova stella irradiava onnipotenza e quando mi avvicinai per l’intervista mi ripeté: “facciamo dopo”.

In realtà stava dicendo: “un giorno lo sbattimento di venire in questi posti di merda finirà, sarò in alta rotazione su radio Deejay e vi piscerò in capo”. Arrivò il suo turno sul palco, e piazza Ghiandelli si fece San Siro.

Il Paradiso sinuoso come un divo e potente come uno sciamano, i suoi compari poco più che comprimari di sfondo. Si tuffò sulla folla e fu il primo e ultimo stage-diving della storia di Cellai, frazione di Rignano sull’Arno. La notte, senza niente da scrivere, mi persi in pensieri sugli egomaniaci e sul destino di chi emerge dall’underground. Quattro anni dopo lo specchio della vanità è andato in frantumi: quando ho visto il Paradiso non potevo certo prevederlo, ma segretamente me l’ero augurato.

Credits foto: “Francesco Guerri / Blueswriter / Riot Van”