di Daniele Pasquini

William Edward Nightingale era un ricco e colto borghese britannico. La moglie Fanny Smith era figlia di un abolizionista, donna raffinata e allevata in una famiglia illuminata. Il tipico esempio di un’élite abituata a viaggiare, a vedere l’Europa prima che l’Europa esistesse. Ebbero una figlia nel 1919, mentre si trovavano a Napoli: la chiamarono Parthenope. Un anno dopo, risalendo verso nord, Fanny Smith diede alla luce una seconda figlia. A Villa Colombaia, nei pressi dell’Impruneta: ecco perché la protagonista di questa storia prese il nome dalla città di Firenze. Era il 12 maggio 1820, e quella bambina di nome Florence avrebbe cambiato per sempre l’assistenza infermieristica moderna. 

Le sorelle crebbero in Inghilterra, nelle tenute tra le brughiere, in età Vittoriana, epoca del romanticismo, ma anche del misticismo e di nuovi valori sociali. È in questo contesto che nel 1837 Florence avverte una “chiamata divina”. Una voce che udirà più volte, fino a non poterla più ignorare: nel 1845 annunciò di volersi dedicare alla cura di persone malate e indigenti. 

Fece infuriare la madre, progressista ma non pronta a quella scelta, si inimicò la sorella e rifiutò tre ricchi pretendenti. Riverita e detestata, ostinata e libera, Florence sognava di rinunciare all’agio per aiutare i sofferenti. Se sposare un buon partito era il massimo dell’aspirazione, fare l’infermiera era tra le massime vergogne, un lavoro riservato a sguattere e alcoliste. 

Gente malfamata, al pari delle strutture in cui lavoravano. A metà dell’Ottocento la situazione sanitaria era disastrosa: ferite curate alla bell’e meglio in strutture fatiscenti, dove si moriva di infezioni, piaghe ed epidemie che facevano più morti della guerra stessa. 

Con l’approvazione e il sostegno economico del padre, Florence iniziò il suo personale gran tour tra gli ospedali, costruendo rapporti politici, fondando un ricovero per donne e iniziando a scrivere testi che diverranno la base per l’infermieristica moderna. Ma sarà la guerra di Crimea il suo vero banco di prova. Nel 1854 partì con 38 volontarie alla volta di Scutari, dove gli inglesi combattevano a fianco degli alleati turchi. Là trovò diecimila soldati in condizioni disumane, la sporcizia favoriva i contagi da malattie infettive. Mancavano le attrezzature, l’acqua, e i rifornimenti erano rallentati da una burocrazia militare disinteressata alle “truppe inutilizzabili”. Lavorando giorno e notte, Florence impose nuove procedure igieniche e razionali. Riuscì, sulla base di principi scientifici, a ridurre drasticamente i decessi dei soldati. 

I comandi militari non tolleravano di veder la loro autorità minata da una donna e cercarono di sabotarne il successo screditandola politicamente. Ma in patria era ormai considerata un’eroina: «The Times» narrava con orgoglio la storia di Florence, ribattezzata la Signora della Lampada: “l’angelo che anche di notte veglia e assiste”.

La Nightingale applicava principi di epidemiologia, aiutata dalla raccolta sistematica di dati: dobbiamo a lei la diffusione dei grafici a torta che utilizziamo ancora oggi. Ne 1858 divenne la prima donna ammessa nella società britannica di statistica. Fondò scuole, pubblicò i suoi scritti, aiutò le ragazze ad avvicinarsi alla scienza medica. E fu la prima donna in assoluto a ottenere l’Order of Merit, medaglia conferita dalla corona inglese. Anziana e malata, morì a 90 anni nella propria casa a Londra.

A Firenze il nome di Florence oggi lo si può leggere passeggiando alle Cascine, in una strada a lei intitolata vicino all’Anfiteatro. E i più attenti la riconosceranno anche nella Basilica di Santa Croce: tra gli epitaffi per i poeti e gli artisti, una statua raffigura una ragazza con una lampada in mano, che anche nel marmo sembra voler proteggere la luce.

Florence Nightingale, infermiera e femminista tra scienza e mistica.

Nata a Firenze il 12 maggio 1820, in sua memoria si celebra la Giornata internazionale dell’infermiere.