di Hershey Felder

L’incanto di Firenze non risiede solo nell’arte, ma negli artisti: incontrarne uno può portare a incontrarne due, quattro, e poi – come per effetto di un incantesimo mediceo – sette potrebbero ritrovarsi sulla sommità di una collina in un pomeriggio di metà settembre, quando il caldo secco dell’estate lascia il posto a una pioggerellina autunnale e, in lontananza, la festosa chioma dei pini marittimi fa capolino dalla tenue foschia.



Appena sotto il famoso “California Cottage anni ’30” si aggira un gruppo di polli colorati che appartengono al vicino. Due pecore si avvicinano come per una visita di cortesia, seguite da quattro pacifici alpaca, con un fare così familiare come se quella fosse casa loro. Gli antichi alberi di melograno, come personaggi che tengono timidamente sulla punta delle dita le loro palline bordeaux chiaro, fanno la guardia all’ingresso del giardino, mentre i meli Gravenstein e gli abbondanti cespugli di basilico inondano di aromi la tavola da pranzo dove attende un goloso pasticcio.

Una mescolanza di note è già nell’aria in questa collina sopra Scandicci, dove due virtuosi, Igor Polesitsky e Jeff Thickman, sono concentrati a curare con grande attenzione i dettagli, del violino e della viola il primo, della sua magia in cucina l’altro: due grandi artisti fiorentini che mi hanno accolto nella loro casa toscana ricca di arte.


 
Riuniti intorno alla tavola che dà su una vallata mozzafiato, punteggiata di cipressi, antichi oliveti e querce centenarie, ci sono altri ospiti che fissano con impazienza la magnificenza di ciò che è adagiato sulla tavola. Il Maestro della Cucina, Jeff, taglia delicatamente la torta salata di melanzane, pasta, polpette di carne, mozzarella e salsa di pomodoro.

Il segreto, dice il Maestro, è semplice. Prodotti freschi dell’orto. Niente aglio. Olio di oliva. Erbe ben selezionate. Pasta bollita solo per due minuti per far sì che assorba gli odori e finisca di cuocere in forno. Melanzane appena indorate con la frittura ricoprono e decorano lo sformato, pomodori dolci, perché è così che sono per natura qui in Toscana, e il segreto dei segreti: un pizzico di peperoncino calabrese nella salsa.

Jeff Thickman, lo Chef che ha cucinato per gli artisti

Jeff è uno dei segreti meglio custoditi di Firenze: formatosi a Parigi dagli chef del Cordon Bleu, residente a Firenze da lungo tempo e chef privato del Maestro Zubin Mehta del Maggio Musicale Fiorentino, ha cucinato anche per Luciano Pavarotti, Itzhak Perlman, Madonna, Sting, Tony Bennett , Hubert de Givenchy, Roberto Cavalli, Gregory Peck, Daniel Day Lewis, Walter Matthau, Sophia Loren, solo per citare alcuni, ma la lista è infinita. Jeff è un artista nel vero senso della parola, uguale e forse maggiore della somma di tutte queste parti. Vale la pena sapere che ha iniziato la sua vita come pianista di talento e storico della musica che cucinava per diletto, portava spesso torte da far provare ai suoi studenti durante il corso di storia della musica che teneva alla Columbia University. Fu il suo insegnante di pianoforte Raquel Adonaylo, scomparso da tempo ma ancora venerato da Jeff, che gli disse: “Ti torturi ogni volta che devi suonare, ma sei così felice quando cucini!” “Ok,” disse Jeff, “allora cucinerò, lo farò.”

Adesso arriva a tavola un’insalata di fine estate che si fa mangiare con gli occhi. Il piatto è una gloriosa combinazione di peperoni rossi e gialli vellutati con cipolla caramellata come la seta, cosparsa da quelli che sembrano chicchi di grano ma in realtà sono zucchine tritate su un letto di un succulento petto di pollo e fagioli al pesto. Le verdure sono dell’orto. Ma il pollo, ah, il pollo! Qui sta il trucco. “È cucinato nell’antico stile cinese”, ci dice Jeff. “Porta a ebollizione un brodo vegetale ben condito con le verdure ancora integre. Spegni la fiamma. Metti il pollo nel liquido caldo e assicurati che ci siano due dita di brodo sopra. Copri la pentola e lasciala riposare finché il brodo non è tiepido. Nessuna fiamma. Nessuna complicazione”.
E poi, crumble di mele, fatto con il frutto del vecchio alberello del giardino. C’è anche un semifreddo al torrone friabile su una crosta di amaretti schiacciati avvolta da una fascia di cioccolato fondente ricoperta di meringa abbrustolita. O forse più appropriatamente intitolato “Dolce Jeff alla Michelangelo”.
 
È allora che Igor Polesitsky si alza e grida: “E adesso suoniamo!”

Igor Polesitsky, da Kiev al Maggio Musicale

Igor, un bell’uomo baffuto dall’aspetto elegante, sembra uno Stalin affabile, creativo e gentile, se Stalin fosse stato affabile, creativo e gentile. Igor possiede quella miracolosa combinazione tra forza ben radicata e una scintilla infantile negli occhi. È sorprendente pensare a una tale combinazione perché alla giovane età di 19 anni ha rischiato la vita per fuggire dall’Unione Sovietica, antisemita e repressiva dell’individualità, per ritrovarsi prima a studiare viola al famoso istituto di musica Curtis e poi invitato a suonare con la grande orchestra del Maggio Musicale Fiorentino con un contratto di un anno. Questo è successo 40 anni fa. E, dopo tutti questi anni, Igor è ancora primo violista dell’orchestra. Nato a Kiev, in Ucraina, e fiorentino nell’anima, dopo 40 anni Igor dice che ogni giorno a vissuto a Firenze è ancora un sogno.

Furlanich, Donati e Crocilla: un incrocio di luoghi e di armonie

Ma chi sono gli altri musicisti ospiti che suoneranno con Igor? Sono Francesco Furlanich, fagottista dell’orchestra, che è anche un virtuoso fisarmonicista, pianista, organista, originario di Trieste con origini slovene. E Riccardo Donati, bassista di fama mondiale e primo basso dell’orchestra, anche lui pianista, diplomato in entrambi gli strumenti al Conservatorio di Firenze. Un toscano doc di Fucecchio, i cui antenati lavoravano la terra e che ora vive non lontano dal luogo di origine, tornato a casa dopo aver suonato in orchestre di fama internazionale. Alla domanda: “Perché sei tornato qui?” la sua risposta è immediata mentre guarda le colline alla sua destra “Dove dovrei essere altrimenti?“. E poi c’è il primo clarinettista dell’orchestra, Riccardo Crocilla, un siciliano trasferitosi a Genova da bambino. Gli altri dicono di lui: “Ha le caratteristiche di entrambi i luoghi!” Tutti ridono, compreso Riccardo.

La musica che tira le corde dell’anima

Gli strumenti sono accordati e… vrum. La prima nota. Il primo accordo. Il gruppo tocca l’anima nel profondo, non tirando le corde del cuore, ma facendolo proprio uscire dal petto. È impossibile non passare tutto il tempo a resistere alle lacrime che vogliono scendere disperatamente. Lacrime per quell’uomo che da ragazzo è scappato dalla persecuzione. Lacrime per l’altro che ha trovato la sua gioia nel compiacere gli altri con la sua sinfonia di sapori, lacrime per il siciliano, che prende un cilindro di legno e metallo e gli dà un’anima umana, lacrime per un fisarmonicista che lamenta generazioni di italiani, ebrei ed europei dell’Est persi nel terrore degli assassini assetati di potere durante le guerre mondiali, lacrime per l’uomo che si vede come un contadino, un uomo della terra che la fa emergere in ogni nota che suona. E lacrime per il mondo che una volta conoscevamo e ora è perso a causa di una pandemia di proporzioni angoscianti. Questi sono gli artisti della Klezmerata Fiorentina, il complesso musicale Klezmer mentre portano avanti i suoni di generazioni passate, generazioni perdute, fondendo le loro anime in una sola, mentre l’uomo che in questa giornata li sostiene con il cibo toscano più buono che ci sia, siede silenzioso e osserva.
 
Per tutto il tempo, c’è un altro uomo, con un occhio perfetto e una sensibilità generosa, che cattura silenziosamente ciò che accade, cattura lo spirito. È Marco Badiani, indaffarato in mezzo ai tessuti di giorno, fotografo geniale di notte. Questi sono solo alcuni tra i tanti grandi artisti di Firenze, perché Firenze non è solo una città d’arte affascinante, è una città di artisti sapienti e grazie a loro, ogni giorno a Firenze si desta ed è come un sogno che si rinnova.