di Chiara Degl’Innocenti

Tendiamo un filo rosso per creare un collegamento, per disegnare una linea marcata ma discreta tra due realtà distinte, spesso lontane e apparentemente sconosciute tra loro. Cosa aspettarsi, allora, da una marea di fili rossi appesi ad un ponte?

Questo è quello che si è trovato davanti chi, come me, venerdì 6 novembre è passato dal lungarno Vespucci in una normale giornata di pandemia: tantissimi fili rossi sospesi sul fiume, ognuno con un’estremità legata alla spalletta e con l’altra a trattenere un foglietto piegato. 

Il vento faceva il resto, creando una lunga fila di festoni danzanti e silenziosi. Dei cartelli invitavano gli spiriti più curiosi ad approfondire la questione: “Recupera il filo, prendi ciò che è tuo”. 

Solitamente abituato a ospitare i passi frettolosi di chi sta perdendo il treno, ponte Vespucci si è trasformato in una sfilata di gesti: c’era chi, inamovibile, ha tirato dritto, chi si è limitato a fare una foto, chi ha preso un pezzo di filo per ricordo, chi dopo qualche incertezza si è convinto a tirare e chi non ha mai dubitato che valesse la pena recuperare quel pezzo di carta trepidante. 

Eravamo una schiera di pescatori solitari e mascherati, ognuno alle prese con il proprio pesce volante, ognuno trasformato in una delle due realtà da collegare, intenti a studiare lo strano foglio che ci era toccato in sorte. Tutti partecipi di una grande metafora sospesa a mezz’aria, di un atto metapoetico collettivo e sospirato. 

L’istallazione, intitolata “TRAME URBANE_ATTO 2”, si presenta come necessità di dialogo tra l’architettura urbana, l’arte e i cittadini. I passanti sono invitati a partecipare attivamente, a riappropiarsi del territorio e a trasformarlo con il loro passaggio, a essere fruitori e creatori, tanto che, se alcuni fogli accolgono un’immagine e una poesia, altri sono lasciati bianchi e offerti insieme a una matita. 

Ideatrice e realizzatrice di questa trama poetica è la realtà di ETEROTOPIE DISSIDENTI, collettivo di giovani artisti che nasce a Firenze nel 2020 dal bisogno (e dal diritto) di esplorarsi ed esplorare. Consapevoli di essere inseriti in una città ricca di storia e cultura ma imprigionata in una dinamica stantia e commercializzata, nel loro manifesto si propongono di “ricreare un microcosmo urbano che si renda spazio di integrazione per realtà sommerse e frammentate”. 

I loro “atti artistici” sono provocazioni gentili ma decise che sottolineano l’impossibilità di creare nuovi stimoli in una città dormiente e sorda alle richieste di un’arte viva. Sede di questa realtà artistica in divenire è l’Hotel Torre Guelfa, in borgo Santi Apostoli, nel cuore del centro storico, quasi a ricordare che nella ribellione di ETEROTOPIE DISSIDENTI non c’è l’intento di rinnegare ciò che Firenze custodisce. Anzi, è proprio in questo momento storico in cui la città si svuota e si mostra bellissima e vulnerabile, che il moderno tende la mano, o per meglio dire tesse i suoi fili, verso l’antico.

Foto: Eterotopie Dissidenti