Firenze è un’opera d’arte a cielo aperto, ma sono i restauratori a proteggere la bellezza dallo scorrere del tempo. Per studiare restauro, esistono enti di formazione di altissimo livello, tra cui l’Opificio delle Pietre Dure (http://www.opificiodellepietredure.it/) che rilascia un diploma abilitante alla professione di Restauratore di Beni Culturali, equiparato a laurea magistrale e il CER – Centro Europeo del Restauro (https://cerfirenze.it/) che prevede corsi per la qualifica di Tecnico del Restauro di Beni culturali). 

Scuole che, a causa della pandemia, dal 6 novembre hanno sospeso laboratori e cantieri, ovvero il 75% della didattica. Ne abbiamo parlato con Irene Biadaioli: fiorentina, restauratrice, ex docente in entrambi gli istituti, attualmente funzionario presso la Soprintendenza Archeologia, Arti e Paesaggio del MiBACT, Soprintendenza del Lazio per le province di Latina, Frosinone e Rieti.

Come senti i tuoi ex alunni, ora che hanno interrotto la formazione pratica?

“Si sentono come in un periodo lunghissimo di vacanza, svogliati e poco concentrati; per loro era fondamentale avere la spiegazione teorica di fronte all’opera che stavano restaurando. Nel momento in cui noi docenti li seguivamo in cantiere, ci si confrontava continuamente: le correzioni venivano effettuate partendo dal lavoro manuale, da cui nascevano le questioni teoriche sulle tecniche del restauro. L’approccio è altamente scientifico: si analizza l’opera come un medico analizza un paziente”. 

Nel MiBACT si pensa a una normativa speciale per incoraggiare i giovani delle città d’arte, come Firenze, a intraprendere la tua carriera?

“So di un’iniziativa privata del Liceo Cavour Pacinotti di Firenze che da settembre ha attivato un corso a indirizzo beni culturali. Proposte del genere non esistono a livello statale, mentre andrebbero estese ai licei pubblici. Anch’io ho scoperto questo mondo per caso”.

Com’è nato tutto?

“Ho frequentato il liceo classico Michelangelo, nella sezione sperimentale di storia dell’arte, dove si studiava per 5 anni. Mi sono accorta che, oltre all’approccio teorico, volevo capire com’era fatto un quadro, le sue componenti tecniche. Grazie a una nonna speciale e al caso, ho conosciuto l’OPD, l’unico che mi avrebbe consentito di diventare una restauratrice, dove poi mi sono laureata. Solo adesso mi rendo conto di quanto sia stata importante la formazione in un liceo classico. A scuola, però, nessuno mi aveva detto che, per vivere nell’arte, “esiste un’altra strada”, non solo teorica: quella del restauro”.

Nelle mani di questi studenti, non ci sono solo opere d’arte, c’è la nostra identità, che va tutelata. Ci auguriamo che questa strada sia sempre più affollata.