Il gioco delle ricorrenze quest’anno ci permette di rispolverare, oltre a Dante, una storia molto meno nota. La vita di uno scrittore – tra i più grandi di sempre, senza timore di smentite – che alla nostra città è sorprendentemente legato: Fëdor Michajlovič Dostoevskij, nato a Mosca nel 1821. Esattamente 200 anni fa. L’autore di Delitto e Castigo e dei Fratelli Karamanzov giunge a Firenze la prima volta in compagnia di un amico, il critico letterario Strachov. È l’agosto 1862, arrivano da un lungo tour tra la Svizzera e il nord Italia. Scesi a Santa Maria Novella, si stabiliscono in una pensione di via Tornabuoni. Di quella breve permanenza sappiamo che bevvero vino (giudicato troppo leggero), mollarono a metà la visita agli Uffizi, lessero giornali russi al Vieusseux. Dalle lettere scopriamo anche che i due ebbero una lite in piazza Signoria per questioni filosofiche. Bei tempi.

Ma senz’altro più importante fu il secondo passaggio fiorentino di Dostoevskij. Nel novembre del 1868è in fuga dai creditori, ha paura di finire in carcere. Prima ripara in Svizzera, dove muore la sua piccola figlia, poi a Milano, che però trova tetra e senza stimoli. Eccolo quindi di nuovo a Firenze, in quel momento Capitale d’Italia. Rispetto alla prima visita la trova affollata e cara. Assieme alla moglie Anna prendono alloggio in via Guicciardini 8, a pochi passi da Ponte Vecchio.

Saranno mesi difficili, ma anche fertili: è qua che l’autore concluderà uno dei suoi romanzi più celebri, L’Idiota. A ricordare l’evento c’è una targa, in piazza Pitti.

Intanto Anna è di nuovo incinta, vengono raggiunti dalla suocera e si trasferiscono in piazza del Mercato Nuovo. Scrive l’autore: “Sta arrivando un caldo terribile, la città è soffocante e arroventata, abbiamo tutti i nervi sottosopra, il che è nocivo specialmente a mia moglie (…) Questa Firenze mi ha stancato”.

La moglie ormai è al settimo mese, il medico le raccomanda di muoversi. La coppia passeggia per Boboli, cerca di trovare un po’ di quiete. Ma lo scrittore non ha più soldi, è nervoso, distrutto dalla noia e incapace di scrivere. Comunica all’editore di avere un’idea per un nuovo romanzo e si fa versare un anticipo. Non appena riceve i soldi Fëdor fa i bagagli: stremato, nell’agosto del 1869, si lascia Firenze alle spalle.