«La piazza in una città storica come Firenze nasce spesso come estensione all’aperto di uno spazio pubblico al chiuso, come erano un tempo intese le grandi basiliche – esemplare la relazione fra Piazza S. Croce e la Chiesa di S. Croce – , oppure come area dedicata al mercato, agli affari, derivando e conservando la matrice del foro della città romana» racconta Colomba Pecchioli architetto e presidente della Fondazione Architetti di Firenze.

La piazza ideale è quella che produce una sintesi positiva dei conflitti

«Oggi lo spazio pubblico non può definirsi la replica dello spazio pubblico di una volta, essendo cambiati i paradigmi del lavoro, della socialità e delle relazioni, ma la piazza continua a conservare un importante ruolo per la collettività a partire dalle sue funzioni, come essere il luogo di raccolta dei cittadini e dove si svolge la vita delle persone. Durante la pandemia abbiamo sofferto della mancanza di quella dimensione di casualità data proprio dal genere di incontri e relazioni che si determinano involontariamente nel momento in cui entriamo nella sfera urbana. È necessaria una maggiore attenzione da parte di tutti in questo momento storico a non sottovalutare l’importanza di questa realtà. La piazza contemporanea che svolge al meglio il suo ruolo è infatti quella in cui riescono a convivere tutti i “conflitti” generati da utilizzi diversi e molteplici, proprio perché è nella diversità degli usi e degli utilizzatori che si produce una sintesi positiva, mentre laddove funzioni e target sono omologati a un unica tipologia di utenza – per esempio quella attuale e unicamente “commerciale” di Piazza S. Spirito – si definiscono le criticità che conosciamo.

Come può la piazza conservare la sua specificità di spazio pubblico aperto, capace di innescare relazioni positive e appartenenza?
«Come Fondazione Architetti abbiamo da tempo avviato il progetto “Spazi sospesi” e riteniamo che lo spazio pubblico sia un tema imprescindibile per l’economia della città e il suo sviluppo futuro. È responsabilità di tutti contribuire a mettere a sistema le sinergie positive che producono l’identità e l’esistenza stessa della città e della sua civitas»