Fra creatività digitale e criptovalore

La pandemia ha accelerato, giocoforza, il processo di digitalizzazione già in atto. Il 2022 inizia con due notizie geopoliticamente distanti, ma in realtà (è proprio il caso di dirlo) connesse: il lancio della piattaforma Meta e le rivolte in Kazakistan. Bloccare l’accesso a internet (e uccidere civili) a un capo del mondo può generare perdite milionarie (per ora in bitcoin) all’altro.

Il trait d’union? Il controllo, la tracciabilità, i dati. Uno scenario sempre meno fantascientifico e sempre più (meta)reale? Immagini, video, animazioni: ogni creazione digitale che vuole essere unica (e quindi vendibile e monetizzabile) ha bisogno di qualcuno che ne comprovi l’autenticità, inserendola in appositi registri digitali: dati virtuali contenuti in server fisici.

Questo è il quadro (hyper)globale, ma torniamo a Firenze, a Rifredi. Qui ha base un’agenzia di comunicazione e produzione digitale: la Monogrid. Fresca dell’Italian Digital Design Award per il 2021, Monogrid ricerca e produce contenuti digitali, virtuali e multimediali per le aziende, ma continua con la sperimentazione di progetti in proprio, tra cui due, prossimi al lancio. Il primo è MASKERADE, ovvero delle vere maschere virtuali animate 3D da poter acquistare e “indossare” nel Metaverso. Il secondo riguarda la Digital Fashion. Ovvero? Lo sviluppo di una linea di abbigliamento virtuale, acquistabile e indossabile in realtà aumentata o con avatar digitali,per esempio su videogiochi o su Instagram. L’autenticità è garantita da un NFT. Non mi sorprende che sempre più i grandi marchi di moda stiano avviandosi verso le collezioni virtuali.

Firenze tra Metamondo e NFT

Da profano chiedo al CEO di Monogrid, Francesco Bernabei, di spiegarmi di che stiamo parlando. “Gli NFT (Non Fungible Token) sono una sorta di contratto che garantisce l’autenticità e la proprietà dell’oggetto acquistato, tutelando il proprietario dalla contraffazione che per un bene digitale, pensiamo a un’immagine, può essere fatta semplicemente con Ctrl+C e Ctrl+V. Questi vengono registrati su una blockchain, cioè su un registro digitale di transazioni, immutabile, agganciato a un sistema di criptovaluta, nel nostro caso Ethereum“. Gli chiedo a questo punto come questo possa cambiare (e in quanto tempo) il mondo dell’arte e della creatività. “Siamo ancora in un periodo pionieristico e quindi di forte fluttuazione, sia qualitativa che monetaria. Certo è che più sarà il tempo che la gente passerà su piattaforme digitali più queste forme espressive ed economiche si diffonderanno. In Italia le cose si stanno muovendo e sono molti gli artisti e i creativi che si stanno avvicinando al mondo della criptoarte, alcuni con successo“.

Per Carlotta Mazzoli, curatrice e advisor di arte contemporanea, fiorentina, “gli NFT sono una sorta di aggiornamento di quello che è una necessità sempre più urgente dagli anni ’70, cioè da quando l’arte diventa anche video e multimedium. Il problema dell’autenticità e dell’unicità è sempre esistito, è il livello e la fedeltà di riproduzione che sono costantemente aumentati. Al di là del metodo però, o della forma espressiva, quel che conta, nell’arte come altrove, è la qualità. Se un artista è mediocre troverà difficilmente uno sbocco economico sia nel mercato tradizionale che in quello cripto“.